DOMENICA DELLA DIVINA MISERICORDIA
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RUBRICHE > Riflessioni sul Vangelo
17-04-2020
DOMENICA DELLA DIVINA MISERICORDIA
DOMENICA 19 APRILE 2020
Una persona mi ha scritto che la mancanza della dimensione di comunità le ha fatto capire quanto fragile è la sua fede. Ed è vero perché il Signore ha voluto fin dall’inizio attorno a sé una comunità che lo sostenesse, così farà purtroppo inutilmente anche la sera del giovedì santo nell’orto degli Ulivi con la richiesta della preghiera e del vegliare con Lui.
Poi anche la nostra fede rispecchia la nostra fragilità nativa, la nostra umanità. In fondo è il messaggio della pagina del Vangelo di oggi, dove l’apostolo Tommaso pur avendo ricevuto l’annuncio e si sarà pur accorto del cambiamento radicale dei suoi amici, che pur ancora chiusi nel cenacolo per paura dei giudei gli avevano anche annunciato con gioia: «Abbiamo visto il Signore!». Eppure Tommaso dice se non vedo non credo.
Anche noi potremmo dire che il non vedere, il non toccare, cioè vivere l’esperienza diretta, umana (non virtuale) dell’incontro, della comunità della Messa dei sacramenti impoverisce la nostra fede, in questo tempo di smarrimento, è inutile negarlo….lo ha detto chiaramente anche Papa Francesco nella Messa mattutina di venerdì scorso, manifestando così un po’ di perplessità, di paura di perdere qualcosa di prezioso, di un adagiarsi immotivato alla realtà dell’oggi…eppure il Signore ci dice che lui c’è (come sulla barca con gli apostoli nella tempesta) che Lui viene a noi non in uno spazio sacro, ma in “casa”, la pagina del Vangelo è ambientata nel Cenacolo che era una semplice casa….non era né il tempio, né la Sinagoga…E’ questo allora il tempo del fidarci, dentro e al di là di tutti i disagi e delle mancanze di ciò che avevamo ma che forse non apprezzavamo abbastanza…certo nell’attesa – sono ancora parola del Papa - perché "E' vero che in questo momento occorre celebrare a distanza  ma per uscire dal tunnel, non per rimanere così, perché la Chiesa è familiarità concreta con il popolo". E Tommaso amo pensarlo come un credente che ha bisogno non solo di parole, di un annuncio, di qualcosa di “virtuale”, ma di toccare il Signore di una familiarità concreta con Lui!
Perciò la Chiesa, nella sua immensa saggezza, ha voluto mettere otto giorni dopo l'evento pasquale la festa di Tommaso, patrono dei credenti feriti... e in questa giornata inneggiare alla divina misericordia. Quelli a cui Cristo dice, lo dice a ciascuno di noi, «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Bella in questo senso la testimonianza di un medico che è apparsa in questi giorni sul quotidiano AVVENIRE. Nel suo breve scritto diceva il dottor Filippo Risaliti, 46 anni, tre figli, una moglie farmacista ospedaliera, che quando ha pronunciato per la prima volta nella sua vita quelle due parole con l’ostia nelle mani non è riuscito a trattenere le lacrime. «La visiera si è appannata una volta, un’altra e un’altra ancora - ricorda - perché l’emozione era tanta nel sapere che io, un medico internista, cercavo di curare quei malati di coronavirus, alcuni gravissimi, non solo nel corpo ma tentavo anche di alleviare loro le sofferenze dello spirito». Quelle parole erano “Corpus Christi” e Filippo le ha pronunciate più di cento volte nel giorno di Pasqua quando, assieme ad altri cinque medici, ha distribuito la comunione ai pazienti dell’ospedale di Prato che glielo chiedevano. A far decidere il dottor Risaliti a trasformarsi per poche ore in un sacerdote è stato il dolore. «Nel vedere quelle persone colpite duramente dal male due volte: nel corpo e nell’ anima - spiega -. Perché è difficile capire che cosa significa per loro, chiusi in stanze di contenimento, soli, senza visite dei propri cari e con medici e infermieri vestiti come marziani, vivere questi giorni terribili. Il virus ha attaccato anche il loro spirito. Così, in accordo con il vescovo, che ci ha nominati ministri straordinari dell’Eucarestia, abbiamo cercato di dare loro conforto con la comunione. E con qualche buona parola per chi non era credente o apparteneva a un’altra religione. E chissà forse così li abbiamo curati due volte».
Ecco allora che il Signore si fa vivo e presente anche dentro questa umanità oggi ferita, ecco allora che toccare le sue ferite alimenta la nostra fede perché Tommaso in verità non è stato quell’uomo di poca fede che solitamente si dice, ma è stato un grande credente, un entusiasta, uno pronto a seguire Gesù anche in qualche frangente pericoloso della vita del maestro.
Tommaso è come dice il Vangelo il gemello, di chi? Di ciascuno di noi quando gettiamo il cuore oltre l'ostacolo, cioè ci fidiamo, quando teniamo duro quando tutti mollano, quando sapremo rimaner fedeli alla Chiesa quando al rientro da questa bufera che stiamo vivendo la troveremo forse mezza vuota con tante macerie, chissà…..
Vorrei concludere in questa domenica della Divina misericordia con le parole di San Giovanni Paolo II che ce l’ha donata, diceva in una sua omelia il Papa Santo:
“Riviviamo questo momento con grande intensità spirituale. Anche a noi quest'oggi il Signore mostra le sue piaghe gloriose e il suo cuore, fontana inesausta di luce e di verità, di amore e di perdono. Da questo Cuore sovrabbondante di tenerezza santa Faustina Kowalska vide sprigionarsi due fasci di luce che illuminavano il mondo. "I due raggi – secondo quanto lo stesso Gesù ebbe a confidarle - rappresentano il sangue e l'acqua" Attraverso il mistero di questo cuore ferito, non cessa di spandersi anche sugli uomini e sulle donne della nostra epoca il flusso ristoratore dell'amore misericordioso di Dio. Chi anela alla felicità autentica e duratura, solo qui ne può trovare il segreto. 
"Gesù, confido in Te".
Questa preghiera, cara a tanti devoti, bene esprime l'atteggiamento con cui vogliamo abbandonarci fiduciosi pure noi nelle tue mani, o Signore, nostro unico Salvatore.
"Gesù, confido in Te". Oggi e sempre.
don Maurizio Qualizza
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