Alla fine dell'estate, il Signore ci invita a farci due conti in tasca, per accorgerci che il nostro cuore ha bisogno di una pienezza che Dio solo può donare. Gesù non si propone come il fondatore di una religione ma come l'unico in grado di portarci a Dio e di vivere in pienezza.
E Gesù, oggi, ci sfida: egli “pretende” di essere più importante di ogni affetto, più della gioia più grande (l'amore, la paternità, la maternità) che un uomo/donna possa sperimentare. Amare lui di più significa che egli è in grado di darci più della più grande gioia che siamo in grado di vivere. Ci sembra presuntuoso questo Gesù? Davvero può donare una gioia più grande della più grande gioia che riusciamo a provare? Può. Fratelli e sorelle come noi, non esaltati, non "strani", non diversi, (i santi ma non solo loro!) hanno scoperto questa realtà, ci testimoniano che sì, il Signore è la pienezza della vita. E il cristianesimo ha scavalcato duemila anni di storia e di mediocrità dei propri fedeli perché (pochi) uomini e donne estasiati dall'incontro con Cristo lo hanno reso credibile. Sì, è possibile incontrare il Cristo. Interiormente, nella preghiera, nel volto del fratello, e questo per attimi, eppure è possibile, nonostante i nostri evidenti limiti. Gesù è passione infinita, dono totale, pienezza, inquietudine. Egli è! Facciamoci bene i conti in tasca, allora, calcoliamo attentamente su cosa stiamo investendo, cosa ci stimola e ci inquieta, ci distrae e ci smuove. Anche nella comunità, la ripetitività di un calendario liturgico, le solite cose che non si devono cambiare? O ci lasciamo sfidare da questo tempo che ci dice che se non puntiamo sull’essenziale, su ciò che conta, se non ci facciamo tutti annunciatori e testimoni del Vangelo, siamo destinati a finire? Solo Dio può colmare la nostra inquietudine, lui può riempire il desiderio di infinito che abita in ciascuno di noi.