XXX Domenica del Tempo ordinario
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RUBRICHE > Riflessioni sul Vangelo
24-10-2019
XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Domenica 27 ottobre 2019
La liturgia di domenica scorsa consigliava di pregare sempre, di pregare senza stancarsi, con perseveranza sull’esempio della vedova del Vangelo. Ma pregare come? Sul come pregare risponde la parabola successiva, quella il pubblicano che ci è data oggi nel Vangelo. Ma proprio in questa seconda parabola, che si potrebbe anche definire un racconto esemplare, è in gioco qualcosa di più della preghiera. O meglio, Gesù tratta sì di due atteggiamenti diversi nella preghiera, ma in realtà attraverso di essi allarga di molto l’orizzonte: ci insegna che la preghiera rivela qualcosa che va oltre se stessa, riguarda il nostro modo di vivere, la nostra relazione con Dio, con noi stessi e con il prossimo. Tutto ciò è già contenuto nell’incipit del nostro testo, una sorta di seconda introduzione: “Egli disse questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri”. Gesù si rivolge cioè agli “uomini religiosi”, cioè a quei credenti che a causa della loro osservanza della legge e della loro pratica religiosa si convincono in cuor loro di essere giusti di fronte a Dio e, quasi come una conseguenza immediata, finiscono per disprezzare gli altri. Il miglior commento a tale atteggiamento è forse un’altra parola di Gesù, rivolta proprio ai farisei che troviamo nel capitolo 16 di Luca al versetto 15: “Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che tra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole”.
Certo restiamo stupiti che Gesù indica addirittura un anonimo pubblicano come esempio apprezzabile di umile fiducia nella misericordia divina… mentre il fariseo si vanta della propria perfezione morale, “il pubblicano ... non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore»”. E Gesù commenta: “Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato, ma chi si umilia sarà esaltato”. C’è un paradosso in tutto questo, cioè chi è apparentemente più lontano dalla santità può diventare persino un modello di accoglienza della misericordia di Dio e lasciarne intravedere i meravigliosi effetti nella propria esistenza. In altri termini non basta pregare, bisogna pregare bene e la premessa della preghiera è l’umiltà, il considerarsi creature povere, mancanti, così come ci ha fatti il buon Dio.
Ci aiuti in questo la preghiera di don Primo Mazzolari che scriveva:
“Signore Gesù, sei venuto per tutti: per coloro che credono e per coloro che dicono di non credere. Gli uni e gli altri, a volte questi più di quelli, sperano perché il mondo vada un po’ meglio. O Cristo, sei nato “fuori dalla casa”. E sei morto “fuori della casa” e sei morto “fuori della città” per essere in modo ancor più visibile il crocevia e il punto d’incontro. Nessuno è fuori dalla salvezza, o Signore, perché nessuno è fuori del tuo amore, che non si sgomenta né si ritira per le nostre opposizioni o i nostri rifiuti. Tu, o Cristo, non hai bisogno di passare dall’altra parte, perché sei di qua e di là, sei il Salvatore degli orientali e degli occidentali; sei con tutti, non per dare ragione a tutti, ma per amare tutti. O Gesù, facendoti uomo, non hai scelto la strada dritta, né quella che arriva prima, hai preso la strada che arriva secondo il passo dell’uomo. Per salvarci, per la fretta di salvarci, non hai voluto rischiare di spaccare l’uomo. L’infinita tua pazienza può irritare, o Signore, ma solo coloro che preferiscono il giudizio alla misericordia, la lettera allo spirito, il trionfo della verità alla esaltazione della carità, lo schema all’uomo.
P. R.
 
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