Laetitia Siecean: Trapianto, testimonianza di un percorso di Vita
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RUBRICHE > Testimonianze
31-12-2018
LAETITIA SIECEAN: TRAPIANTO, TESTIMONIANZA DI UN PERCORSO DI VITA
Abbiate la pazienza di leggere questa lunga nota e di farvi promotori della donazione di organi di cui Laetita Seicean ha usufruito e vissuto con intensità.
Non è più tra noi ma era una persona disponibile e attenta ai problemi della gente.
Era una trapiantata di fegato con mille problemi ma non mancava mai di sorridere.
Se ne è andata senza clamore così come'era vissuta.

 
Lettera ai donatori di sangue e donatori di organi
 
Laetitia Siecean
 
Più di una volta ho avuto l’occasione di incontrarvi e di parlarvi e di testimoniare il mio percorso di vita legato al trapianto, per aver ricevuto un dono preziosissimo, un fegato sano che mi ha ridato la vita. La mia storia è lunga, non tanto felice, marcata da tanti eventi e fatti che hanno condizionato la mie scelte, le mie decisioni. Come ogni vita anche la mia è composta da tanti frammenti, tanti tasselli, che insieme formano un vero mosaico. Il collante che ha tenuto insieme questi tasselli è stato sempre la speranza, l’ottimismo e la fiducia.

Ma prima di entrare nei dettagli, voglio presentarmi, per capire meglio il contesto nel quale si colloca il frammento di quale voglio parlarvi.

Sono di nazionalità rumena, arrivata in Italia nel 1990, in seguito ad eventi e fatti che hanno determinato la mia decisione. Ero insegnante, sposata e madre di tre figli, e ho avuto l’opportunità di andare a lavorare all’estero. Durante quel periodo ho avuto l’occasione di conoscere persone di tutte le culture e di tutte le razze ed ero felice di conoscerle per saziare la mia sete di conoscenza e di completare la mia cultura. Ma insieme a noi, che eravamo in tanti, c’erano anche gli informatori della polizia , i famosi agenti della “securitate”, che ci tenevano sotto stretta sorveglianza e regolarmente mandavano note informative al nostro”Grande Fratello”. Alla fine del nostro periodo lavorativo, che è stato di 5 anni, una volta ritornati in patria, mi aspettavo di poter riprendere la mia attività, ma ho avuto una brutta sorpresa! Sono stata informata che non potevo più insegnare essendo considerata pericolosa per l’educazione dei nostri figli, perché sono stata contagiata dall’ideologia capitalista!!! Vi devo dire che in quel periodo la dittatura nel mio paese era all’apice, più forte che mai e la propaganda di partito non si faceva scrupoli di usare ogni mezzo e ogni occasione per denigrare tutto ciò che aveva a che fare con l’occidente. Non mi sono data per vinta e convinta di tutti i bei slogan con i quali sono stata cresciuta, del tipo “siamo il nuovo tipo di uomo, liberi, giusti e viviamo in un sistema che garantisce tutti i diritti della persona senza nessuna discriminazione etc…etc” ho chiesto spiegazioni, essendo convinta di non aver fatto niente contro il mio paese. Errore grave, gravissimo!!! Come osavo contestare il “lavoro” degli esecutori del regime , chi ero io per osare tanto? Presto mi sono accorta che veramente ero “nessuno”, al massimo ero un “dossier”, un numero e per le mie gravissime colpe dovevo pagare: non con i soldi, ma con un prezzo molto più alto, con l’umiliazione, con pressioni psicologiche, e ancora più grave con l’interdizione al lavoro! Era cominciato un periodo terribile per me e per la mia famiglia, spesso la polizia si presentava a casa mia, facendoci interrogatori, dichiarazioni, motivazioni di ogni tipo, tutto una sceneggiatura che mirava a discreditarci davanti agli altri, di annullarci come persone, di metterci in ginocchio . E ci sono quasi riusciti! Si è creata un’atmosfera fredda intorno a me e alla mia famiglia, la diffidenza e la paura ha allontanato tutti, il mio matrimonio ha cominciato a risentirne,mio marito temeva per la sua carriera e non condivideva più le mie idee ed io non reggevo più, ero al limite della sopportazione. In questo contesto ho deciso di chiedere aiuto; ho cominciato a scrivere e denunciare a tutti i potenti del momento, chiedendo tutela per me e per la mia famiglia in virtù dei diritti della persona. Ho scritto anche all’emittente clandestina Radio “Europa Libera” denunciando tutto quello che sopportavo facendo nomi e cognomi dei miei persecutori, ma questo è stato un errore imperdonabile. Di lì a poco, la pressione è aumentata, ma la mia buona sorte è intervenuta, perché correva l’anno 1989, e le cose sono precipitate con una vera rivoluzione il sistema è caduto, altrimenti dovevo subire un processo per “alto tradimento”. Inutile dirvi in che stato d’animo ero, non mi rendevo conto di tutto quello che stava succedendo intorno a me, avevo tanta paura che non riuscivo a gioire della fine di un sistema che ci ha messi in ginocchio per più di 50 anni. Ed era vero, non potevo gioire perché adesso, nella confusione creata, i miei aguzzini si sono fatti presenti con minacce dirette! Dovevo stare zitta, attenta a non parlare con nessuno altrimenti poteva capitare un “incidente”. Temevo per me e per i miei figli! Nel fra tempo mio marito se ne andato di casa lasciandomi nel bel mezzo di una vera sciagura. Avevo capito che per noi non c’era nessuna possibilità, visto che non c’erano cambiamenti di fondo, ma solo di forma. Pregavo Dio e chiedevo aiuto, e speravo che qualcuno ci aiutasse!

Infatti, dopo poco tempo sono arrivati gli aiuti umanitari, e tra questi c’erano anche italiani dal Friuli; c’erano tra loro famiglie che avevo conosciuto in occasione del periodo lavorativo all’estero, era gente da Cordenons, da San Vito, da Cordovado, da Azzano Decimo, gente generosa e sensibile. Ho chiesto aiuto a loro e mi hanno aiutato a fuggire, sì , a fuggire. Scappare, fuggire, lontano dalla mia terra, dalla mia casa, per cercare un po’ di pace, per trovare la terra dove avrei messo le mie radici.Siamo partiti, io e il figlio maggiore,gli altri ci hanno raggiunto in seguito. Arrivati in Italia, accolti da questi amici, abbiamo subito chiesto asilo politico, tagliando tutti gli ponti con mio paese. Per questo io mi definisco “despatriata”, non immigrata, perché ho dovuto rinnegare la mia patria, il mio cuore era pieno di rabbia, al posto dell’amore si è collocato l’odio.

Sono arrivata in Italia con l’anima dolorante, con tanti progetti, tante speranze, con tanti sogni. Dovevo ricominciare tutto da capo, dare un’opportunità ai miei figli, mettere radici e ricominciare a vivere . Nei pochi bagagli che avevo portato, senza sapere, avevo portato anche una malattia - epatite “C” che avevo preso con una trasfusione di sangue dopo il secondo parto. Quando ho saputo che tipo di malattia fosse, mi è crollato il mondo addosso. Sola, nel frattempo ho ottenuto il divorzio, ancora senza sicurezze materiali, tutto mi sembrava grigio, tutto diventava un peso. Eravamo insicuri, con lavori precari, i miei figli ancora molto giovani per prendere tutto il peso della famiglia, ero io che dovevo tenere con forza e determinazione la guida. Cosa potevo fare? Dovevo rassegnarmi ed aspettare la morte?

Ma io volevo vivere, avevo ancora “cantieri “aperti, figli da crescere e da sistemare. Di nuovo mi sono sentita smarrita, vivevo in uno stato di imponderabilità, gli stati d’animo si alternavano tra disperazione, impotenza e rabbia, ma piano, piano si è fatto spazio la rassegnazione. Non vivevo più, ero come da un'altra parte, senza pensieri, senza volontà, in uno stato di apatia profonda. Avevo l’impressione che tutto ciò succedeva al di fuori di me, io ero solo un testimone incapace di intervenire e di cambiare l’andamento delle cose.

Ma un giorno, ho conosciuto un dottore,una persona che sembrava uscita da un quadro di altri tempi per i suoi modi gentili, nei suoi occhi c’era uno specchio del cielo, aveva un sorriso che poteva riscaldare l’anima, e, piano, quasi in sordina, mi ha parlato della mia malattia, e dell’unica possibilità di vivere: il trapianto. Mi ha conquistato, non per la sua professionalità, ma per il suo calore umano, con la sua generosità ha innestato nella mia mente quel tipo di farmaci che ti fanno voler vivere, che allontana lo spettro della morte.Il colore della mia esistenza grigio scuro, si e trasformato in verde speranza. Si è instaurato tra di noi lungo un periodo di 7 anni un “sublime commercio” lo definirei, nel quale, non c’era il rapporto dottore-paziente a prevalere ma un rapporto tra due persone con molte affinità. Mi ha accompagnato fino al giorno fatidico anche se il camino è stato faticoso e gli ho creato non poche difficoltà. L’attesa è stata lunga, con momenti difficili, di sofferenza indescrivibili, con il continuo ed ossessivo “ticchettio” del conteggio al rovescio, con la paura di non arrivare!La mia preoccupazione più grande erano i figli, non gli dicevo la verità sul mio stato di salute, erano abbastanza spaventati e vulnerabili. Quello che veramente mi ha sostenuto durante tutto il tempo è stato il modo con il quale sono stata accompagnata, non da una sola persona, ma da una vera e propria squadra di specialisti medici e infermieri, che non si sono mai stancati di rassicurarmi, di essermi vicini quando la debolezza prevaleva.

La fede è stata per me la leva che mi ha aiutato molto. Ho sempre pregato ma questa volta non riuscivo a pregare per un scrupolo delicato, un certo senso di colpa, pur sapendo che il trapianto ridà la vita e la speranza, ero consapevole del dolore aspro della perdita e della fine del donatore .”Admirabile commercium”, si può dire, c’è chi perde la vita e c’è chi lo guadagna grazie al dono di una parte di se.

Finalmente arriva la chiamata. E il momento giusto, sono passati 7 anni, lunghi, strazianti ed ero molto provata, debole, l’organismo logorato. Il trapianto– un’ esperienza unica, di primo acchito, è stato un vero successo e l’assistenza è stata ineccepibile! L’impressione che mi è rimasta riguarda tutti, e sono tanti, è di una fatica enorme, costante ma generosa, si vede una vocazione innata di fiducia e di tenacia nel confronto della vita, di una capacità ricca non solo di professionalità, ma di AMORE ! Loro, tutti, sono entrati nella mia vita per tutto quello che hanno fatto per me, per le loro cure, le loro premure, la loro dedizione verso una persona per così tanto tempo, che li considero la mia famiglia, insieme con quelli che mi hanno donato il loro sangue e un fegato sano.Per tutto ciò mi sento in debito e da qui nasce un tacito ma fervido ringraziamento!!!

Il ritorno vorrei poterlo descrivere anche se mi rendo conto che non è facile. Mi sentivo inondata da un calore benefico, la mente libera, i pensieri spaziavano accompagnati da una musica che se sapessi scriverla avrebbe incantato tutti! Davanti agli occhi m’immaginavo paesaggi da togliere il fiato per l’armonia dei colori e la bellezza delle sfumature. Se sapessi adoperare i colori avrei combinato solo tonalità calde, che avrebbero parlato a tutti della tranquillità che s’era impadronita di me. Ero ritornata a vivere e questa era la musica dell’anima !!!

Si racconta che Dio, quando ha creato il mondo, al momento della creazione del piccolissimo seme di erba, l’ha buttato per terra e gli ha comandato:”Adesso , cresci!!!”

Ma che fatica a crescere tra le zolle di terra,e poi affrontare il freddo, il vento e poi la calura!!!
Dopo il trapianto il mio imperativo era:”VIVERE”. La convalescenza lunga, difficoltosa aperta però a un nuovo ottimismo. Volevo fare qualcosa di utile, volevo dare anche per quel senso di debito che sentivo nei confronti del mondo per compensare almeno una parte ciò che avevo ricevuto .E così ho cominciato a dare ciò che avevo, il mio tempo, e la mia energia.

Dedico tempo alla mia associazione di trapiantati, per condividere le nostre esperienze, ed essere di conforto a quelli che si apprestano verso il trapianto,ma anche per stare insieme, per condividere allegria, concedendoci momenti di convivialità e di amicizia. Sono disponibile nell’ambito della mia parrocchia, prestando un servizio di ministrando della comunità, portando conforto agli ammalati, alle persona sole, ai bisognosi di sollievo. Tutto questo ed altro per una serie di promesse che ho fatto a me stessa e a Dio !

Mi sono promessa di dimenticare il passato e di guardare con fiducia il futuro, godendomi ogni momento del presente!

Mi sono promessa di parlare di bene, di felicità, di bellezza e amore, ad ogni persona che incontro.

Mi sono promessa di far sentire agli amici trapiantati che c’è qualcosa di grande in ognuno di loro, che devono lottare perché il nostro ottimismo diventi realtà.

Mi sono promessa di vivere pienamente, di sognare, di desiderare, di amare, di realizzare e concludere progetti di vita.

.Una vita è un’opera di teatro che non ha prove iniziali. Canta, ridi, balla, ama e vivi intensamente ogni momento della tua vita, prima che cali il sipario e l’opera finisca senza applausi….”(Charlie Chaplin)

Mi sono permessa di citare questa frase per sottolineare la necessità di avere il coraggio di ridimensionare la nostra sicurezza, la vitalità, l’orgoglio per ciò che si compie e scavare in profondità della nostra anima, alla ricerca di ciò che è autentico, ricordandoci che non abbiamo la possibilità di ripetere l’unicità della nostra vita !!!

Proprio per questo è folgorante l’invito di Chaplin a cantare, a ridere, a ballare, ad amare ed a vivere ogni istante, specialmente a noi che abbiamo avuto una seconda opportunità con il trapianto. La vita deve essere vissuta pienamente, impedendo che si dissolva nella vanità e nella superficialità o che si riduca ad una recita o ad un racconto rumoroso e senza significato.

Il sipario, certo, calerà e se anche ci saranno applausi presto cadranno nel silenzio e ci sarà solo Dio a vagliare la parte da noi recitata.

Non voglio concludere prima di fare un’ultima considerazione :posso dire senza timore di sbagliare di aver affrontato due trapianti, e sono stata fortunata! Il primo è quello che mi ha permesso di mettere radici su questa terra, grazie a la solidarietà e all’umanità dei friulani, che mi hanno accolto, mi hanno accettato e mi hanno fatto sentire una di loro.Per questo vorrei dire un sentito grazie a tutta la comunità del mio paese di adozione che manifesta per me un affetto che non cessa di stupirmi.

Ed infine, il trapianto, quello del fegato, è stato il tassello del mio “mosaico”. 
Se non ci fosse stato si creava un vuoto che avrebbe fatto cadere tutto; è stata la mia sofferenza e la mia prova; ma mi ha fatto vedere il sorriso di Dio!!! Per tutto questo, ogni giorno presento al cospetto di Dio tutti coloro che hanno contribuito al mio bene; è un modo sincero di ringraziamento e di affetto!

Cordialmente

Laetitia Seicean

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